Permessi Lavorativi

PERMESSI LAVORATIVI
La fruizione dei permessi lavorativi è subordinata al riconoscimento della condizione di handicap in situazione di gravità.

La Circolare INPS n. 127 del 08.07.2016 (scaricabile a fondo pagina), fornisce chiarimenti circa la proroga dei permessi e dei congedi riconosciuti ai lavoratori dipendenti disabili gravi in caso di verbali soggetti a rivedibilità.

Handicap grave
L’handicap viene considerato grave quando la persona necessita di un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in qualla di relazione (Art. 3, comma 3, Legge 104/92).

LAVORATORI PORTATORI DI HANDICAP GRAVE (Art. 3, comma 3, L.104/92)

L’art. 33 della L.104/92, modificato dalla L. 53/2000, stabilisce che la persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire, alternativamente, dei permessi “a giorni” o “ad ore”, rispettivamente tre giorni di permesso mensili o due ore di permesso giornaliere per un cumulo orario equivalente ai tre giorni mensili. Con il Messaggio 16866 del 28 giugno 2007 l’INPS ha precisato che il limite di 18 ore, nel caso di frazionamento è riferito ai casi in cui l’orario di lavoro sia di 36 ore suddiviso in sei giorni lavorativi.

GENITORI DI FIGLI MINORENNI PORATORI DI HANDICAP GRAVE
DLgs 18 luglio 2011 (modifiche agli artt. 33 e 42 della DLgs 26 marzo 2001, n. 151)

A) Minori fino al compimento dell’ottavo anno di vita

Prolungamento del congedo parentale
Per ogni minore con handicap in situazione di gravità la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, hanno diritto, entro il compimento dell’ottavo anno di vita del bambino, al prolungamento del congedo parentale, fruibile in maniera continuativa o frazionata, per un periodo massimo, comprensivo dei periodi di cui all’art. 32 del DLgs 151/2001, non superiore a tre anni, a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che, in tal caso, sia richiesta dai sanitari la presenza dei genitori. Il congedo parentale può essere cumulato, in giorni diversi, con il congedo biennale retribuito.
Requisiti:
a) riconoscimento della condizione di handicap grave (Art. 3, comma 3, L. 104/92) del bambino;
b) età del bambino: entro il compimento dell’ottavo anno di vita;
c) non ricovero a tempo pieno presso istituti specializzati, salvo che sia richiesta dai sanitari la presenza dei genitori.

Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 80
L’art. 8 del DLgs 80/2015, in via sperimentale per il solo anno 2015, ha innalzato dagli otto ai dodici anni il limite di età del figlio con disabilità in situazione di gravità entro cui i genitori possono fruire del prolungamento del congedo parentale.
I giorni fruiti fino al dodicesimo anno di vita del bambino “a titolo di congedo parentale ordinario e di prolungamento del congedo parentale non possono superare in totale i tre anni, con diritto per tutto il periodo all’indennità economica pari al 30% della retribuzione” (Messaggio INPS n. 4805 del 16.07.15 scaricabile a fondo pagina).

Permessi orari
In alternativa al prolungamento del periodo di congedo, fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità, possono essere fruite due ore di permesso giornaliero retribuito (Art. 42, comma 1, DLgs 151/2001)

Tre giorni di permesso mensile
In alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale o alle due ore di permesso giornaliero fino al compimento del terzo anno di età, entrambi i genitori, anche adottivi, del bambino con handicap in situazione di gravità, possono fruire alternativamente, anche in maniera continuativa nell’ambito del mese, dei tre giorni di permesso mensile coperto da contribuzione figurativa.
Il diritto ai tre giorni di permesso si esaurisce nell’ambito di ciascun mese, per cui non è cumulabile con quello del mese successivo.

B) Dopo il terzo anno di vita
Dopo il compimento del terzo anno di vita del figlio con handicap grave sussiste la sola possibilità, per la madre o, in alternativa, per il padre, di fruire dei soli tre giorni di permesso mensile.
I giorni di permesso possono essere fruiti in via continuativa ma devono essere utilizzati nel corso del mese di pertinenza.

I permessi spettano al genitore richiedente anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto. Ad esempio, quindi, i permessi spettano al lavoratore padre nel caso che la moglie sia casalinga o disoccupata, o alla lavoratrice madre se il padre è lavoratore autonomo.

GENITORI DI FIGLI MAGGIORENNI E FAMILIARI DI PERSONE PORTATRICI DI HANDICAP GRAVE
In base all’ art. 20 della legge 53/2000, i genitori e i familiari lavoratori di persone handicappate in situazione di gravità possono fruire, anche in maniera continuativa, di tre giorni di permesso mensile, coperti da contribuzione figurativa, a condizione che la persona portatrice di handicap grave non sia ricoverata a tempo pieno.
Il diritto ai permessi mensili sussiste anche se il portatore di handicap non è convivente. I tre giorni di permesso mensile possono essere frazionati in permessi orari, purchè il frazionamento non superi le 18 ore mensili (vedi al riguardo il Messaggio INPS n° 16866 del 28 giugno 2007).

La legge n°183 del 4 novembre 2010,
pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 09.11.2010, n. 262 – S.O. n. 243, contiene modifiche all’art. 33 della Legge 104/1992 relative ai permessi per i lavoratori che assistono familiari con handicap grave. Dette modifiche riguardano sia i dipendenti pubblici che i dipendenti privati.

Ai sensi delle intervenute modifiche, in assenza di ricovero della persona con handicap grave da assistere, potranno godere dei tre giorni di permesso mensile retribuiti e coperti da contributi:
1. il genitore
2. il coniuge
3. il parente o l’affine entro il secondo grado.
I parenti ed affini di terzo grado possono fruire dei permessi lavorativi solo ad una delle seguenti condizioni:
a) quando i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età
b) oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti
c) siano deceduti o mancanti.

In materia di assistenza ai soggetti portatori di handicap grave il DLgs 18 luglio 2011, n.119 ha apportato le seguenti integrazioni all’art. 33 della legge 104/92:

a) al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: “Il dipendente ha diritto di prestare assistenza nei confronti di piu’ persone in situazione di handicap grave, a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravita’ abbiano compiuto i 65 anni di eta’ oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti”.

b)  dopo il comma 3 e’ inserito il seguente: “3-bis. Il lavoratore che usufruisce dei permessi di cui al comma 3 per assistere persona in situazione di handicap grave, residente in comune situato a distanza stradale superiore a 150 chilometri rispetto a quello di residenza del lavoratore, attesta con titolo di viaggio, o altra documentazione idonea, il raggiungimento del luogo di residenza dell’assistito”.

Tale diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente.  

Le Amministrazioni Pubbliche
di cui all’art.  1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, e successive modificazioni, comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica:
a) i nominativi dei propri dipendenti cui sono accordati i permessi di cui all’art. 33, commi 2 e 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni, ivi compresi i nominativi dei lavoratori padri e delle lavoratrici madri, specificando se i permessi sono fruiti dal lavoratore con handicap in situazione di gravità, dal lavoratore o dalla lavoratrice per assistenza al proprio figlio, per assistenza al coniuge o per assistenza a parenti o affini;
b) in relazione ai permessi fruiti dai dipendenti per assistenza a persona con handicap in situazione di gravità, il nominativo di quest’ultima, l’eventuale rapporto di dipendenza da un’amministrazione pubblica e la denominazione della stessa, il comune di residenza dell’assistito;
c) il rapporto di coniuge, il rapporto di maternità o paternità o il grado di parentela o affinità intercorrente tra ciascun dipendente che ha fruito dei permessi e la persona assistita;
d) per i permessi fruiti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre, la specificazione dell’età maggiore o minore di tre anni del figlio;
e) il contingente complessivo di giorni e ore di permesso fruiti da ciascun lavoratore nel corso dell’anno precedente e per ciascun mese.  

Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore di cui al comma 3 decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

CUMULABILITA’ DEI PERMESSI (Art. 6, DLgs 119/2011)
Il lavoratore ha diritto di prestare assistenza nei confronti di più familiari in situazione di handicap grave, solo a condizione che si tratti del coniuge o di un parente o affine entro il primo grado o entro il secondo grado, qualora i genitori o il coniuge della persona  con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 65 anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.
La cumulabilità non è mai ammessa nel caso incui il secondo familiare da assistere sia un parente o un affine di terzo grado.

Ulteriori casi di cumulabilità dei permessi

Lavoratore disabile che assiste un familiare
Il lavoratore con disabilità grave che già beneficia dei permessi di cui al comma 6, art. 33, L. 104/92, può fruire anche di permessi per assistere altri familiari in sistuazione di disabilità grave, senza necessità di acquisire alcun parere medico-legale (Circolare INPS n. 53/2008).
Al riguardo la circolare INPDAP n. 34 del 10 luglio 2000, ammette la cumulabilità dei permessi in capo al lavoratore nella sua duplice qualità di familiare di persona disabile grave e di portatore, egli stesso, di handicap grave, a condizione che non vi siano altri familiari in grado di prestare assistenza.

Lavoratore che assiste un familiare che già fruisce dei permessi
I giorni di permesso L. 104/92 possono essere riconosciuti al lavoratore non disabile, familiare convivente dela lavoratore in situazione di handicap grave, anche se quest’ultimo già fruisce dei permessi L. 104/92 per se stesso, a condizione che:
– il lavoratore con grave disabilità abbia una effettiva necessità di essere assistito da parte del familiare lavoratore convivente;
– nel nucleo familiare non sia presente un altro familiare non lavoratore in grado di prestare assistenza.

DECRETO LEGISLATIVO 509/88 Art. 10
L’art. 10 del decreto legislativo n. 509 del 1988 dispone che i soggetti riconosciuti invalidi civili possono usufruire di un congedo straordinario per cure, non superiore a trenta giorni – previsto ai sensi dell’art. 26 della legge n. 118 del 1971 – nel caso in cui sia riconosciuta agli stessi un’invalidità superiore al cinquanta per cento, sempreché le cure siano connesse alla infermità invalidante riconosciuta.

CONGEDI RETRIBUITI DI DUE ANNI (Dlgs 151/2001, Art. 42, comma 5)

La legge prevede che i congiunti dei portatori di handicap in situazione di gravità possono usufruire di due anni di congedo retribuito.
Condizione principale è che il disabile sia stato accertato handicappato in situazione di gravità (Art.3, comma 3, legge 104/92). Altra condizione è che il disabile non sia ricoverato a tempo pieno in istituto.
Non sono ammesse, a parte per i grandi invalidi di guerra e i soggetti con sindrome di Down, certificazioni di altro genere quali ad esempio il certificato di invalidità totale con diritto all’indennità di accompagnamento o frequenza.
Chi non dispone del certificato di handicap deve richiederne l’accertamento presso la segreteria della Commissione della propria Azienda Usl di residenza e sottoporsi ad una nuova visita. Se questo accertamento riconoscerà l’handicap grave (art. 3, comma 3 della Legge 104/1992) si potranno richiedere i congedi retribuiti di due anni qualora ricorrano anche le altre condizioni previste.  

Soggetti aventi diritto
Il Decreto Legislativo 119/2011 ha revisionato la disciplina dei congedi biennale retribuiti, in particolare per quanto riguarda i soggetti aventi diritto e le condizioni di priorità a richiedere il congedo sulla base del grado di parentela con la persona disabile.

Ordine di priorità
a) primo beneficiario è il coniuge convivente con la persona gravemente disabile;
b) in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi (anche se non conviventi con il figlio);
c) in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del «padre e della madre», anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi;
d) se anche i figli conviventi sono deceduti, mancanti o invalidi, il beneficio passa ad uno dei fratelli o delle sorelle conviventi.

Sentenza Corte Costituzionale, 18 luglio 2013, n. 203
La Corte Costituzionale, con sentenza del 18 luglio 2013, n. 203, ha ampliato la platea dei soggetti legittimatati a fruire del congedo biennale retribuito, estendendo il diritto ai parenti ed affini fino al terzo grado conviventi in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge o degli altri parenti più prossimi ((figli, genitori, fratelli).

La frazionabilità
L’art. 42, comma 5, del Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 prevede che i periodi di congedo, al massimo due anni come già detto, possono essere fruiti in modo continuativo o frazionato. Il beneficio è frazionabile anche a giorni interi. Gli Istituti previdenziali non prevedono invece la frazionabilità ad ore.
Anche in questo caso, diverse sono le indicazioni degli Istituti previdenziali, soprattutto rispetto al calcolo dei giorni fruiti.

PERMESSO PER DECESSO O GRAVE INFERMITA’
Art. 4 L. n. 53/2000
Ogni lavoratore ha diritto ad un permesso retribuito di tre giorni lavorativi all’anno in caso di decesso o di documentata grave infermità del coniuge (anche se legalmente separato), di un parente entro il secondo grado (anche non convivente), o di un convivente (purchè la stabile convivenza con il lavoratore o la lavoratrice risulti da certificazione anagrafica).
I giorni di permesso devono essere usufruiti entro sette giorni dal decesso o dall’insorgenza della grave infermità o dalla necessità di provvedere a conseguenti interventi terapeutici.
Nei giorni di permesso non sono considerati i giorni festivi o non lavorativi.
E’ possibile concordare con il datore di lavoro la fruizione dei tre giorni di permesso in modo articolato o frazionato ottenendo, in tal caso, una riduzione dell’orario lavorativo complessivamente non inferiore ai giorni di permesso che vengono sostituiti.
I tre giorni di permesso all’anno sono relativi al lavoratore e non ai familiari cui si riferisce il permesso. Pertanto, se nel corso dello stesso anno un lavoratore si trova a dover affronatre due situazioni di grave infermità di due diversi parenti, avrà comunque diritto a sole tre giornate di permesso.
Questi permessi sono cumulabili con i permessi previsti dalla legge 104/92.
Per ottenre i permessi è necessario presentare, per la grave infermità, documentazione rilasciata da medico specialista del Sistema Sanitario Nazionale o  convenzionato, dal Medico di medicina generale oppure dal Pediatra di libera scelta. La documentazione va presentata entro cinque giorni dalla ripresa del lavoro. Il datore di lavoro può richiedere periodicamente la verifica della effettiva gravitò della patologia.

CONGEDO NON RETRIBUITO PER GRAVI MOTIVI FAMILIARI
Art. 4 L. n. 53/2000
I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni. Durante tale periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo non è computato nell’anzianità di servizio nè ai fini previdenziali; il lavoratore può procedere al riscatto, ovvero al versamento dei relativi contributi, calcolati secondo i criteri della prosecuzione volontaria.
Il limite dei due anni è computato secondo il calendario e include i giorni festivi e non lavorativi compresi nel periodo.
La documentazione relativa alla patologia va rilasciata da medico specialista del Sistema Sanitario Nazionale o  convenzionato, dal Medico di medicina generale oppure dal Pediatra di libera scelta e va presentata contestualmente alla richiesta di congedo.
Il Decreto Ministeriale n. 278 del 21 luglio 2000
(scaricabile a fondo pagina) elenca i gravi motivi familiari che possono dar luogo ai congedi.